Chi ha detto che in piscina i neonati non piangono?
Non è così, i bambini piangono spesso, l’importante è capire perché, così sarà facilissimo interrompere il loro segnale.
Il pianto del neonato fa sempre sussultare, s’insinua prepotentemente sopra ogni altra frequenza e arriva dritto al Genitore, senza troppa dispersione, accendendo in lui una forte preoccupazione e ansia di azione.
L’agitazione di fronte a quel misto di lacrime e smorfie che danno un volto al pianto, talvolta non ha motivo di esistere!
E’ opportuno chiarire da subito che, in alcune situazioni…
Quando i neonati piangono è una fortuna!
Ci chiamano, ci sono, sono reattivi, vogliono farsi ascoltare, talvolta non solo per rubarci una coccola in più, ma perché, soprattutto, tentano disperatamente di comunicare i loro impellenti bisogni.
Il compito più importante e più emozionante per un Genitore è quello di imparare l’alfabeto sonoro del proprio bambino, per comprendere e tradurre il suo tentativo di comunicazione.
Un pianto sfumato nella nostalgia del ventre materno, uno che si accende dei colori dei baci della Mamma, uno che si tinge dei toni delicati del sonno… una tavolozza quanto mai varia dipinge le infinite sfumature del pianto di un neonato.
Il piccolo piange per chiedere nutrimento, conforto, attenzione, ascolto.
I Genitori devono pian piano studiare, osservare, per saper cogliere ogni variazione di tono, ogni piccola sfumatura, che caratterizza il pianto del proprio piccino.
Le Mamme entrano solitamente in sintonia più velocemente dei Papà e riescono a ristabilire con il piccolo la simbiosi di cui hanno entrambi bisogno, soprattutto nel periodo del puerperio e durante i primi 4/6 mesi del neonato.
Ogni bimbo ha il suo “modo” di piangere, per questo ogni Mamma imparerà a riconoscere e a decifrare soprattutto il pianto di suo figlio.
In generale però, per tutti i bambini, alcune “sfumature” di pianto hanno denominatori comuni, difficilmente confondibili nel loro significato.
Urla acute , spezzate da inspirazioni profonde quasi a prender fiato per aumentare la foga nella performance successiva, intercalate all’inizio anche da smorfie tremolanti delle labbra, con in sottofondo, lamenti vocali anche più leggeri, caratterizzano sempre, in tutti i bambini, fame, sonno o nel peggiore dei casi, dolore.
È il caso delle coliche addominali, spesso causate da quell’aria nel pancino, che non riesce ad uscire… O di quel fastidio pungente del primo dentino, mentre cerca di farsi spazio per uscire dalla gengiva.
Talvolta anche il mal d’orecchio viene manifestato nella stessa intensità di tono e di volume!
Mettiamoci per un secondo nei panni del bambino: l’unico modo che ha per esprimersi appena nasce è quello di piangere!
Bisbiglia, intona grida, sperimentando l’efficacia dell’unico mezzo espressivo che ha a disposizione.
Con il pianto, che impara a declinare in decine e decine di toni e sfumature, implora attenzione!
Capisce subito che il suo pianto diviene un segnale di forte allarme per Mamma e Papà, i quali immediatamente si proiettano verso di lui, quanto meno per cercare di capire di cosa ha bisogno.
Nei ripetuti tentativi di instaurare un dialogo, semplice ma efficace, con le figure di riferimento, il bimbo prova, continua a calibrare, sperimentare e a seconda di quanto riesce a “sfumare”, tra i mille toni, i suoi lamenti, viene assecondato ed acquisisce sicurezza, comprendendo di non essere solo e di essere riuscito a comunicare con i Genitori.
Il suo segnale ha funzionato!
E ne rimane talmente compiaciuto da celare, tra un singhiozzo e l’altro, un certo senso di soddisfazione!
In effetti anche la Madre, dopo i primissimi giorni del bambino, intuisce l’intima complicità che sta nascendo dietro questo meccanismo e si tranquillizza, a sua volta, dando modo al piccolo di terminare le sue performance, senza farsi prendere da altre inutili preoccupazioni.
Vicendevolmente bimbi e Genitori si aiutano a costruire un loro codice di comunicazione, affinando le reciproche capacità di ricezione e di ascolto.
Appena arrivano in piscina sono spaesati!
Dove siamo? Che cos’è questo intenso odore di Cloro? Perché c’è tutto questo rimbombo?
Questo accade perchè in piscina i bambini non devono adattarsi solamente all’acqua!
Il Metodo prevede un momento di ambientamento anche a tutto il resto del contesto intorno.
Soprattutto al piano vasca, ai giocattoli, all’Istruttore, agli altri bambini.
I bambini devono avere il tempo di interiorizzare tutto l’ambiente e di abituarsi non solo all’acqua della piscina: infatti è molto utile lasciare loro il tempo di guardare e di esplorare.
Qualcuno appena approda in piscina, dallo spogliatoio, inizia a piagnucolare, per poi proseguire la performance anche in acqua.
I genitori impreparati credono che i bambini piangano perchè hanno paura.
Fortunatamente per voi che leggete non sarà cosi!
Saprete come comportarvi grazie anche a questi…
10 TRUCCHI PER ASCIUGARE LE LACRIME:
- Prendilo in braccio, tienilo vicino al tuo cuore: il neonato si calma ascoltando il battito cardiaco della madre
- Contienilo il più possibile: avvolgi delicatamente con la mano anche la sua testa, senza coprirgli le orecchie. Questo servirà a non fargli perdere l’equilibrio e a non farlo sentire ancora più disorientato
- Cullalo ritmicamente ma senza frenesia: tutte le Mamme del mondo lo fanno, senza sapere che in questo modo gli ricordano il ritmo del cuore, che per nove mesi ha rappresentato il loro maggiore segnale di riferimento
- Canticchia una melodia: non importa quale, sarà comunque sufficiente a tranquillizzarlo, se la tua voce rimarrà serena anche in mezzo alle sue urla
- Poni il suo viso di fronte al tuo a pochi centimetri di distanza: contemporaneamente inizia a parlargli; non sarà importante quello che dici, ma COME lo dirai! Dovrai infatti usare il “Baby Talking”, con i suggerimenti che già ti ho svelato in un mio articolo
- Ripeti di tanto in tanto le sue stesse intonazioni: fai come se lo stessi imitando, ripeti i suoi versetti, ma con un’intonazione più pacata e più tranquilla
- Asseconda con la testa ogni sua intonazione quando ti guarda: appena emette un suono tu annuisci con il capo, come a dire “sì”, senza le parole. Accompagna il gesto anche con un sorriso che termina “a bocca aperta”, per fargli capire che lo stai ascoltando
- Riempilo di bacini “a schiocco”: piccoli bacini rumorosi, in modo da stuzzicare la sua percezione acustica e da distrarlo in altre cose
- Avvolgilo in un telino o una coperta: in questo modo si sentirà ancora più contenuto, come tra le pareti dell’utero, prima di nascere
- Offrigli un tuo dito da succhiare: altro che ciuccio… le dita della Mamma sono come un salvagente in mezzo al mare!
Piangere significa voler capire e soprattutto dimostrare che sta avvenendo qualcosa di importante: il piccolo sta incominciando a rendersi conto di poter interagire anche con l’ambiente esterno, cioè con il contesto.
Decifrare le sfumature del pianto del neonato, significa avere in mano gli strumenti per favorire tutto il suo sviluppo.
Il piccolo si convince che è la strada giusta verso il dialogo con le sue figure di riferimento.
Il pianto del neonato è sempre e comunque positivo!
Intendo dire che esprime un desiderio; il bimbo ci prova e si chiede: fuori dal mio mondo chi ascolterà il mio segnale?
Questo implica che si sta proiettando verso la costruzione delle relazioni, verso la comunicazione con il mondo intorno a lui.
Sta mettendo in atto il miglior presupposto per la conoscenza, fondato sull’azione mossa dalla speranza di essere ascoltato!
E’ così che il pianto diviene un vero e proprio strumento, una bacchetta magica, un campanello d’allarme che il bambino decide di attivare per essere esaudito!
Piangendo in mille modi diversi, rudimentalmente, tenta di imbastire un rapporto positivo con l’Altro, partendo da un pensiero egualmente positivo, basato soltanto sulla fiducia totale.
Se non piangesse, significherebbe che non sarebbe in grado di mettere in atto alcuno di questi processi.
Ovvero risulterebbe carente, a livello neuro biologico, dei pre-requisiti necessari per il funzionamento dei meccanismi strutturali e funzionali del pensiero.